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Notizie

Quanto potrebbe guadagnare l’Erario dalla pace fiscale?

L’estate è alle porte, ma nel frattempo per i contribuenti potrebbero esserci novità

Pace_FiscaleSembra infatti che il governo Cinque Stelle – Lega lancerà importanti provvedimenti fiscali entro luglio. Il motivo? È necessario mettere insieme, in tempi rapidi, le risorse per la flat tax, la cosiddetta “tassa piatta” caratterizzata da una sola aliquota applicata a tutti i contribuenti indipendentemente dal reddito percepito.

La prima iniziativa potrebbe essere la pace fiscale, inserita nel contratto Cinque Stelle – Lega.

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Qual è l’obiettivo del governo?

L’ammontare del provvedimento è stato quantificato in 35 miliardi di euro, e, lungi dal rappresentare un condono, consentirà di rottamare cartelle esattoriali “vecchie” al massimo 4 anni e originate dal mancato pagamento di contributi INPS, IVA e IRPEF. Le aliquote applicate potrebbero essere, secondo il sito pmi.it, tre: 6%, 10% e 20%.

L’iniziativa sarà indirizzata, in prima battuta, ai cittadini che versano in una comprovata condizione economica critica indipendente dalla propria volontà.  In una seconda fase, comunque, la platea dei beneficiari potrebbe essere ampliata.

 

“La pace fiscale si rivelerà meno incisiva di quanto vogliono farci credere”

Questo, in breve, ha dichiarato a La Voce.Info Tommaso Di Tanno, tributarista che ha collaborato con il centrosinistra.

Nel più ottimistico degli scenari possibili, vale a dire l’applicazione dell’aliquota massima a tutti i contribuenti, e il loro pagamento in massa, gli introiti per Agenzia delle Entrate Riscossione non supererebbero i 10 miliardi di euro, da spalmare peraltro su un biennio. Così il tributarista.

Insomma, la valutazione realistica delle proporzioni del provvedimento è sideralmente lontana dalla fatidica soglia di 50 miliardi necessaria a finanziare la flat tax.

La redazione 

 



 

Sentenza Corte Costituzionale amplia tutela contribuente contro pignoramento

Prima paga e poi - forse - puoi chiedere il rimborso

Sentenza-Corte-CosituzionaleQuesta, in breve, è stata la regola a cui finora si sono dovuti attenere i contribuenti in materia fiscale. La prima e macroscopica conseguenza di ciò è stata la piena equiparazione tra debiti effettivi presunti, andata a tutto vantaggio dell’agente di riscossione.

Tuttavia, è recentemente intervenuta una sentenza della Corte di Cassazione (la n. 114 del 31 maggio 2018) che ridefinisce i rapporti di forza tra contribuente e Fisco. D’ora in poi, infatti, i cittadini potranno rivolgersi al giudice dell’esecuzione e chiedere il riconoscimento delle proprie ragioni.

La pronuncia rappresenta una sostanziosa conquista, in quanto, finalmente, il contribuente ha un certo margine d’azione nei confronti di eventuali esecuzioni forzose intraprese dal Fisco.

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Sentenza n.114 del 31 maggio 2018: cosa cambia rispetto al passato?

Fino a qualche settimana fa l’articolo 57 del Decreto del Presidente della Repubblica n.602/73 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), modificato attraverso D.lgs. n.46/99, riconosceva al cittadino prerogative assai ridotte, in caso di pignoramenti da parte dell’agente di riscossione. Così, l’opposizione all’esecuzione era raramente possibile.

Dal canto suo, la Corte Costituzionale ha constatato la parziale illegittimità dell’articolo 57, che si scontra frontalmente con il principio di tutela giurisdizionale espresso a carattere generale dall’articolo 24 della Costituzione, e ribadito dall’articolo 113 in riferimento alla Pubblica Amministrazione. Insomma, le particolari caratteristiche del credito tributario non giustificherebbero l’approccio finora estremamente severo nei confronti del contribuente.

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Tutto è bene quel che finisce bene, quindi? Non esattamente, in quanto la sentenza rappresenta la vittoria di una battaglia, più che dell’intera guerra. Infatti, se è vero che da qui in avanti i cittadini non saranno più totalmente in balia delle conseguenze negative degli espropri forzosi effettuati dal Fisco, comunque non potranno agire preventivamente per tutelarsi.

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La redazione 

 


 

 

Cartelle esattoriali: importanti precisazioni su prescrizione e multe

Agenzia delle Entrate Riscossione ti ha scritto accampando un credito?

Novità-multe-Giudice-di-Pace-LeccePrima di entrare nel panico leggi con attenzione il contenuto della cartella. È fondamentale, infatti, verificare non solo “l’anzianità” del debito, ma anche la sua natura. Nelle settimane scorse, infatti, sono state emesse due sentenze che, in tal senso, ampliano il raggio d’azione dei contribuenti, offrendo ulteriori elementi per tutelare le proprie ragioni.

Prescrizione cartelle: il Tribunale di Ferrara si allinea alla Cassazione

Se una cartella viene notificata dall’ente riscossore dopo 5 anni dall’affidamento del credito, è possibile ricorrere in giudizio. A diffondere il contenuto di una delle ultime pronunce del Foro di Ferrara sono stati i legali di Confconsumatori Reggio Emilia. Questi hanno consigliato di ordinare cronologicamente e conservare tutti gli eventuali solleciti di pagamento ricevuti.

La sentenza è scaturita dalla vicenda di un 40enne di Ferrara che, a distanza di 7 anni dall’infrazione, si è visto notificare una cartella da circa 6mila euro. Il debito iniziale ammontava a 100 euro; l’importo lievitato è stato dichiarato decaduto dal Tribunale del capoluogo emiliano, che ha fatto riferimento a quanto dichiarato in precedenza dalla Corte di Cassazione. Viene quindi meno il precedente termine di 10 anni per la prescrizione.

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Stop agli interessi maturati da AER sulle multe

Questo, in breve, ha stabilito Nicola Brunetti (Giudice di Pace di Lecce) attraverso la sentenza 2561/2018 dello scorso 9 giugno. Dunque l’agente di riscossione non può applicare sulla somma iniziale interessi pari a un decimo per ogni semestre di ritardo. È stata quindi richiamata l’applicazione dell’articolo 203, comma 3 del Codice della Strada, che corregge l’articolo 27 della Legge 689/81 in materia di depenalizzazione delle sanzioni amministrative.

Il Giudice di Pace era stato chiamato in causa da una contribuente che, supportata dallo Sportello dei Diritti, si era opposta alle salate maggiorazioni applicate a una multa.

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La redazione

 


 

 
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