Cartella di pagamento sprovvista di motivazione?
Non sempre puoi impugnare l’atto per contestarne la fondatezza. In questo senso si è pronunciata nei giorni scorsi la Cassazione (ordinanza n.10013 del 24 aprile).
Talvolta, infatti, per esigere un credito, è sufficiente menzionare il documento precedentemente recapitato al contribuente che ha illustrato natura e origine della pendenza.
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La sentenza 10013 del 24 aprile scorso, rileva La Legge per Tutti, ribadisce che la cartella è un documento a carattere amministrativo dotato di funzione esecutiva. Costituisce, insomma, al tempo stesso, un’intimazione e un avviso di mora.
La cartella di pagamento viene redatta dal soggetto incaricato di riscuotere il credito sulla base del modulo autorizzato dal Ministero delle Finanze. L’atto deve specificare che, se entro due mesi dalla notifica la pendenza non sarà sanata, interverrà un’esecuzione forzata.
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Quando non è necessario indicare la motivazione in cartella?
Se il credito preteso dall’agente di riscossione discende da imposte relative alla dichiarazione dei redditi del contribuente, non sussiste l’obbligo di dettagliarlo.
Perciò, ogni volta che il cittadino tramite dichiarazione dei redditi indica di dovere un tributo al Fisco ma poi non procede materialmente al pagamento, non è necessario che la successiva cartella esattoriale riporti la motivazione.
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La redazione