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Contribuenti frodati per 500mila euro. A processo falsa commercialista torinese.

Contribuenti frodati per 500mila euro

Contribuente_FrodatiLa quotidianità è punteggiata da scadenze. Bollette, tasse, spese legate al menage familiare. Così, non è facile riuscire a tenere saldamente in mano le redini della propria situazione finanziaria. Ciò rende utile – se non addirittura indispensabile – affidarsi a un esperto in materia per districarsi nella giungla fatta di IMU, IRES, contributi previdenziali & co.

Il commercialista è quindi una figura fondamentale nella vita di molti contribuenti. Lavoratori dipendenti, pensionati, liberi professionisti e imprenditori si avvalgono spesso del sostegno dei consulenti finanziari con la stessa incondizionata fiducia con cui un credente confessa i peccati a un prete.

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In una condizione fisiologica, i commercialisti aggiornano periodicamente i propri clienti su imposte ed eventuali contributi previdenziali da versare, come pure sulle agevolazioni di cui possono beneficiare, mantenendosi nel solco della legalità.

Tasse: attenzione a non cadere dalla padella alla brace…

Che succede, invece, quando chi si presenta come consulente fiscale non ha il realtà alcun titolo o competenza per gestire la situazione dell’incauto e ingenuo contribuente che gli si presenta?

La frode di cui quest’ultimo cade vittima è indubbiamente doppia: non solo realizza che fiducia e buona fede sono state mal riposte, ma rischia anche di pagare conseguenze salate dal punto di vista fiscale. Senza contare il fatto di aver corrisposto al sedicente commercialista somme - magari anche considerevoli – a titolo di onorario.

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Nei giorni scorsi è stata diffusa la notizia del processo a una falsa consulente fiscale torinese di 42 anniin attivitàda oltre 10 anni. Un arco di tempo, questo, in cui i guai provocati ai clienti sono stati quantificati in circa 500mila euro.

A oggi sono state cinque vittime della donna, a intraprendere le vie legali costituendosi parte civile. Il difensore della sedicente commercialista ha chiesto il rito abbreviato esprimendo il proposito di risarcirle. La prossima udienza è prevista per fine gennaio 2018.

Quando le promesse sono a buon mercato, meglio diffidare

La 42enne torinese, peraltro colpevole di recidiva infraquinquennale specifica, incassava 1.000 euro da ciascun cliente, impegnandosi a svolgere in loro vece tutta una serie di adempimenti fiscali. Questo a fronte del fatto che la donna non avesse conseguito alcun titolo di abilitazione, e la sua partita IVA risultasse chiusa dal 2008.

Tuttavia, qualcosa avrebbe potuto/dovuto insospettire quanti si erano affidati alla falsa consulente, in quanto, nel corso degli anni, questi hanno comunque continuato a vedersi notificare da Equitalia e Agenzia delle Entrate svariate ingiunzioni di pagamento.

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Particolarmente emblematica, in tal senso, è la vicenda di Rossella, apprezzata designer industriale che ha avuto a che fare con Anna dal lontano 2003. A oggi si ritrova con la casa ipotecata e un debito verso INPS e AER superiore a 300mila euro. La denuncia per truffa è arrivata due anni fa, dopo un interminabile periodo caratterizzato dalle rassicurazioni verbali della finta commercialista e da documenti ufficiali (quasi certamente falsificati, viene da pensare con il senno di poi) che avrebbero attestato come all’origine di tutto ci fosse “semplicemente” un problema di cartelle pazze.

Anna, al contrario, era perfettamente in grado di intendere e volere, considerando che per quasi 15 anni ha portato avanti una farsa scaturita, a suo dire, da un grave stato di bisogno economico

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La redazione 

 


 
 

“I contributi erano stati pagati, ma Equitalia non lo aveva comunicato”. Assolto imprenditore modenese

L’INPS è come la mamma

pensionati_inpsLa puoi criticare, puoi avvertire una certa malcelata insofferenza a causa delle regole che ti impone, ma l’importanza del ruolo che svolge è assolutamente fuori discussione.

Ciononostante, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale fa i conti, costantemente, con il fenomeno degli omessi contributi. Ne deriva una voragine finanziaria le cui prime e più vulnerabili vittime sono i lavoratori dipendenti. Nella sola provincia di Modena sono state un migliaio, nell’ultimo anno, le denunce a carico di imprenditori che non avevano effettuato i versamenti richiesti.

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Tuttavia, quando il proprietario dell’azienda vuole preservare la propria attività e tutelare i dipendenti, laddove l’INPS bussi alla sua porta tramite l’agente riscossore (attualmente AER) per riscuotere i contributi omessi, l’irregolarità viene sanata e il debito ripianato. Ciononostante, se le comunicazioni tra i due enti non si svolgono in modo efficiente, l’imprenditore potrebbe perdere tutto.

 

Stavolta a rischiare grosso è stato il titolare di un’azienda di verniciature situata a Formigine (Modena). 

Quest’ultimo infatti, nel 2015, si è visto notificare dalla Procura un decreto penale e una multa superiore a 8.000 euro. L’accusa era di aver omesso il versamento dei contributi previdenziali nel periodo compreso tra il 2009 e il 2010.

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Effettivamente l’uomo non aveva saldato la somma prevista (16mila euro) all’epoca, ma, a seguito della diffida emessa da Equitalia nel 2011, aveva regolarizzato la sua posizione nei tre mesi previsti.

Nei giorni scorsi, dopo quattro rinvii di udienza, l’imprenditore ha visto accogliere le sue ragioni. Il giudice ha infatti constatato l’avvenuto pagamento e lo ha quindi assolto. 

Le responsabilità della vicenda sono quindi da ricercare in quella che un tempo era Equitalia, e che sei anni fa aveva dimenticato di notificare l’avvenuto pagamento all’INPS. 

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La redazione

 


 

 

Come una polizza assicurativa occulta può rendere i tassi usurari

Gli istituti di credito si rendono responsabili di illeciti? 

usuraSempre più spesso, forti delle loro ragioni, i cittadini ricorrono alle vie legali
Il tema dell’usura bancaria rappresenta infatti, ormai, una sorta di gigantesco vaso di Pandora scoperchiato. 
 
Così, non appena il cliente rileva l’ammontare incredibilmente alto degli interessi versati, come pure la discrepanza con quelli inizialmente pattuiti, si affida ad associazioni di categorie per ottenere adeguato supporto legale e fare chiarezza. 
 
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In tal senso, un’importante sentenza è quella emessa nei giorni scorsi dal Tribunale Civile di Lecce (Seconda Sezione). Sono state infatti accolte le obiezioni presentate dagli avvocati Filippo Carrozzo e Giuseppe Bianco, difensori di un cittadino che si era ritrovato a pagare un tasso sostanziosamente maggiorato a causa dell’improprio addebito di un’assicurazione.
 

Una sentenza che potrebbe costituire un prezioso precedente

Il Tribunale Civile ha stabilito che, per verificare se gli interessi corrisposti siano usurari, è necessario tener conto anche di eventuali polizze assicurative
Queste ultime, peraltro, vengono spesso imposte ai cittadini tramite una sorta di ricatto “sotterraneo”. O accetti, o ti neghiamo il mutuo. 
 
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Dunque, chi si reca in banca per chiedere un finanziamento deve leggere con attenzione le clausole contrattuali previste, accertandosi che non siano addebitati costi occulti legati a un’assicurazione. Ovviamente, laddove invece a esprimere l’esigenza di sottoscrivere una polizza sia il cliente, non c’è nessun problema. 
 
 

In prima linea nella lotta ad anatocismo & usura.

Gli avvocati Filippo Carrozzo e Giuseppe Bianco vantano ormai una consolidata esperienza nel settore degli illeciti bancari. Lo studio legale con cui collaborano, e che è stato fondato da Antonio Carrozzo, si è infatti occupato spesso, negli ultimi due anni, di curare la difesa di cittadini che rischiavano di essere stritolati da spese diventate vertiginose in poco tempo. 
 
A novembre 2015, ad esempio, il Giudice di Pace Vergari, con una decisione indubbiamente pionieristica su base nazionale, aveva accolto le istanze presentate da Filippo Carrozzo e Giuseppe Bianco bollando come usurari i tassi di interessi applicati dalla Finanziaria Compass SPA nei confronti di un cliente residente in provincia di Lecce. 
 
L’uomo, peraltro, per scongiurare il rischio di essere marchiato come cattivo pagatore aveva comunque dovuto, in precedenza, versare gli importi richiesti fino all’estinzione della debitoria. 
 
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La redazione
 
 


 

 
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