Fare i conti con un debito non è mai piacevole
Può essere doppiamente sgradevole e complicato laddove l’importo iniziale sia “lievitato”. Ciò accade in caso di ritardati versamenti o se si usufruisce di una rateizzazione.
D’altro canto una maggiorazione impropria può invece essere determinata da errori di calcolo, e questi consentono al contribuente di mettere in discussione la validità della cartella esattoriale che li contiene. Esaminiamo di seguito i più frequenti.
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Interessi di mora
Questi vengono sommati all’importo originario senza che l’ente riscossore specifichi qual è l’aliquota utilizzata. A tal proposito è intervenuta la Cassazione con la sentenza n.4516 del 2012, che ha esplicitamente riconosciuto in capo al suddetto organismo l’obbligo di fornire all’interessato tutte le informazioni di dettaglio attraverso la cartella esattoriale. Un dovere, questo, che se viene disatteso, rende nulla la stessa.
Anatocismo
Il Codice Civile (articolo 1283) ha chiaramente bollato come illegittima l’applicazione degli interessi su altri interessi. Altra procedura illegale è quella che prevede il calcolo degli interessi sulle sanzioni.
Tuttavia può succedere che, trascorsi due mesi dalla notifica della cartella esattoriale, la stessa venga inficiata dall’utilizzo del metodo anatocistico.
In tal caso gli interessi di mora e l’aggio devono essere calcolati nuovamente, tenendo conto unicamente dell’ammontare del tributo.
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Il contribuente ha diritto di sapere come si è arrivati all’importo finale
Qualora l’ente riscossore non fornisca adeguate informazioni in merito al metodo di calcolo utilizzato, si parla di errore di forma, e in tal senso si sono pronunciate la Commissione Tributaria Regionale di Lecce (sentenza n. 1634 del 2017) e la Corte di Cassazione (sentenza n. 9799/2917).
Per tutelarsi sono fondamentali le tempistiche. È infatti necessario inoltrare ricorso davanti al giudice entro 60 giorni, che si dimezzano in caso di infrazioni al codice della strada, e che diventano 40 nel caso di cartelle scaturite da contributi INPS e INAIL.
La redazione
Prescrizione multe: i giudici di pace fanno chiarezza
21.09.2017 11:41Lo spauracchio degli automobilisti sono le sanzioni amministrative a carico del veicolo
Non (sol)tanto perchè spesso l’importo da pagare è incredibilmente salato, ma anche perché può capitare, per disguidi vari, che nessuna comunicazione raggiunga l’interessato in tempo utile per sanare il debito.
Ciò significa rischiare di incorrere in provvedimenti quali il fermo, che pregiudicano pesantemente il corso dell’esistenza, privata e professionale. Si rende quindi necessario fare chiarezza sui termini di prescrizione della misura.
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Sul punto sono intervenute nei mesi scorsi due sentenze dei giudici di pace di Bari. Ad aprile e luglio, infatti, questi hanno richiamato il principio secondo cui le multe si prescrivono dopo cinque anni dalla ricezione. Detta finestra temporale risulta compiuta se, nel frattempo, non sopraggiungono atti interruttivi come l’intimazione di pagamento o il preavviso di fermo.
In passato molti equivoci si sono addensati sul tema. La legge 689 del 1981 (articolo 28) fissa a cinque anni il periodo necessario a determinare la prescrizione delle multe, ma non si specifica se il termine di riferimento sia il medesimo anche per le successive cartelle. Così, per un lungo periodo ci si è posti il dubbio che, in alternativa, la finestra temporale da considerare fosse decennale. Le due pronunce dei giudici di pace segnano quindi un punto di svolta fondamentale.
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Dunque, come bisogna muoversi se si riceve una cartella esattoriale per una multa ormai prescritta? Tanto per cominciare bisogna far stilare e notificare un atto di citazione presso il luogo di residenza dell’interessato e procedere a iscrivere la causa a ruolo. A questo punto si può solo attendere che sia completata la discussione della causa, per poi giungere a una sentenza. Ciò rende chiaramente necessario farsi assistere da un legale, e quindi, per evitare spiacevoli sorprese in corso d’opera, è consigliabile chiedere un preventivo scritto che consenta di valutare agevolmente il rapporto costi-benefici.
La redazione
Quando è annullabile (parzialmente o totalmente) una cartella esattoriale
20.09.2017 12:16Chi ci è passato lo sa
Scoprire di avere un debito è spesso l’inizio di un periodo turbolento. In un primo momento si è vittima di un misto di ansia e panico, e mille interrogativi affollano la mente (“come ho fatto a dimenticarmi di pagare?”, “a cosa vado incontro se non posso estinguere integralmente la pendenza?”).
Dopo aver riacquisito un minimo di controllo di sé, con lucidità e pragmatismo si passano in rassegna le possibili soluzioni al problema.
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Infatti, anche laddove il debito sia imputabile a mancanze ed errori del debitore, quest’ultimo, tecnicamente, può far riferimento a specifiche casistiche connesse a vizi della cartella di pagamento, per veder azzerare o comunque ridimensionare l’importo da versare. Uno dei più comuni è rappresentato dall’assenza di informazioni inerenti modalità di calcolo degli interessi e tasso applicato.
In tal senso si è ormai consolidato un ben preciso orientamento giurisprudenziale, anche a seguito delle pronunce della Cassazione. Vediamo in dettaglio di cosa si tratta
Cartelle di pagamento: come sono e come dovrebbero essere
Quando il contribuente non paga una tassa, alle sanzioni si sommano gli interessi, che vengono computati per il periodo compreso tra il giorno in cui sarebbe dovuto avvenire il versamento fino a quello in cui è avvenuta l’intimazione.
Scatta così l’iscrizione a ruolo, ovvero l’ente titolare del credito delega formalmente Agenzia delle Entrate Riscossione a procedere per il recupero delle somme pendenti. Così viene emessa la cartella esattoriale, cui può seguire il pignoramento.
Detto documento deve fornire una serie di informazioni, tra cui l’indicazione del tributo con relativo codice, l’ammontare e l’anno in cui è maturato, gli oneri di riscossione, le spese di notifica e gli interessi.
Per considerarsi completa la cartella esattoriale deve infatti riportare il tasso utilizzato e il momento in cui lo stesso è stato applicato. Dal canto suo Equitalia in passato si è limitata, il più delle volte, a riportare il totale addebitato a titolo di interessi.
Le cartelle esattoriali, essendo espressione della pretesa impositiva della pubblica amministrazione, devono essere redatte ottemperando il principio della trasparenza, previsto congiuntamente dalle norme sul procedimento amministrativo e dallo Statuto del contribuente. Ne consegue che quest’ultimo va adeguatamente informato non solo in merito alla motivazione che ha originato il provvedimento, ma anche circa il tasso di interesse applicato al suo debito.
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Tuttavia, mentre i giudici concordano sulla necessità di sanzionare gli avvisi di pagamento lacunosi, le conseguenze tratte in riferimento all’importo che il cittadino deve pagare sono differenti di caso in caso. Talvolta infatti l’assenza dell’indicazione del tasso d’interesse applicato ha comportato l’annullamento dell’intero importo, in altre circostanze, invece, si è reso comunque necessario il pagamento di imposte e sanzioni.
La redazione