Sofferenza bancaria: due parole che, da sole, sono capaci di evocare tutto un mondo. Un problema che, a cascata, ne innesca molti altri, culminando, talvolta, con vere e proprie tragedie. Proviamo a capire di cosa si tratta, e come si può arginare l’innesco di guai peggiori.
La sofferenza bancaria è l’estrema ratio che colpisce quanti sono già “oltre” la mancanza momentanea di liquidità. L’assunto di fondo, infatti, è che i destinatari del provvedimento siano in una situazione di tale difficoltà finanziaria che, da un momento all’altro, potrebbero incorrere in una procedura di fallimento. Insomma, questa definizione è quanto di più vicino si possa immaginare rispetto alla morte creditizia e bancaria.
A precedere, nell’immediato, la sofferenza bancaria è la posizione a incaglio, con cui si richiede all’interessato di rientrare, in un arco di tempo prefissato (di solito 10-14 mesi) dei crediti beneficiati. Fidi e affidi non vengono contestualmente chiusi, tuttavia non ne possono essere aperti ulteriori fino a quando non si risolve la situazione debitoria.
Quando invece sopraggiunge la dichiarazione di sofferenza, tutte le banche che hanno un rapporto con il soggetto interessato sono immediatamente allertate e chiudono i rubinetti del credito. È possibile risolvere la situazione solo estinguendo in parte o integralmente il proprio debito.
Comunque, dopo la segnalazione di sofferenza bancaria, la banca inoltra una comunicazione ufficiale a clienti ed eventuali relativi garanti per chiedere il rientro dello scoperto entro 15 giorni, dopo i quali si procede al recupero del credito per mezzo di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo che implica il pignoramento immobiliare e mobiliare.
La controversia con la banca potrebbe essere risolta in via bonaria concordando una proposta di saldo e stralcio, che comporterebbe il pagamento certo di una parte del debito. Gli istituti di credito vedono, di solito, di buon occhio tale soluzione, perché dà loro la sicurezza di recuperare almeno parte della cifra. Dopo aver risolto la controversia, si può chiedere e ottenere la cancellazione della propria posizione in Centrale Rischi.
Sofferenza bancaria: due parole che evocano un mondo
Un problema che, a cascata, ne innesca molti altri, culminando, talvolta, con vere e proprie tragedie. Proviamo a capire di cosa si tratta, e come si può arginare l’innesco di guai peggiori.
La sofferenza bancaria è l’estrema ratio che colpisce quanti sono già “oltre” la mancanza momentanea di liquidità. L’assunto di fondo, infatti, è che i destinatari del provvedimento siano in una situazione di tale difficoltà finanziaria che, da un momento all’altro, potrebbero incorrere in una procedura di fallimento.
Insomma, questa definizione è quanto di più vicino si possa immaginare alla morte creditizia e bancaria.
A precedere, nell’immediato, la sofferenza bancaria è la posizione a incaglio, con cui si richiede all’interessato di rientrare, in un arco di tempo prefissato (di solito 10-14 mesi) dei crediti beneficiati. Fidi e affidi non vengono contestualmente chiusi, tuttavia non ne possono essere aperti ulteriori fino a quando non si risolve la situazione debitoria.
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Comunque, dopo la segnalazione di sofferenza bancaria, la banca inoltra una comunicazione ufficiale a clienti ed eventuali relativi garanti per chiedere il rientro dello scoperto entro 15 giorni, dopo i quali si procede al recupero del credito per mezzo di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo che implica il pignoramento immobiliare e mobiliare.
La controversia con la banca potrebbe essere risolta in via bonaria concordando una proposta di saldo e stralcio, che comporterebbe il pagamento certo di una parte del debito. Gli istituti di credito vedono, di solito, di buon occhio tale soluzione, perché dà loro la sicurezza di recuperare almeno parte della cifra. Dopo aver risolto la controversia, si può chiedere e ottenere la cancellazione della propria posizione in Centrale Rischi
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