La burocrazia pretende dai cittadini il rispetto delle norme e la puntualità nel pagamento delle imposte, tuttavia, non sempre è in grado di assicurare efficienza e trasparenza in egual misura. Così può capitare che il contribuente si ritrovi costretto a inoltrare istanza ufficiale per ottenere l’annullamento di un atto esattoriale. Tale diritto, regolamentato dalla legge n.228 del 2012, comporta, da parte del concessionario, la sospensione istantanea della pretesa economica, e l’annullamento del provvedimento se questo risulta effettivamente illegittimo.
Inoltre, laddove Agenzia delle Entrate Riscossione ritiri l’atto esattoriale solo dopo che il cittadino è ricorso alle vie legali, è tenuta a coprire le spese di giudizio e a pagare il rimborso per lite temeraria (articolo 96 c.p.c.).
Tali dettami sono stati esplicitati nelle scorse settimane dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma (sentenza n.9546/26/2017), che ha richiamato Agenzia delle Entrate Riscossione al versamento di circa 25mila euro.
All’origine della pronuncia della CTP, la vicenda che aveva visto coinvolta una società da cui l’ente aveva preteso il pagamento di più di 50mila euro a titolo di IVA in veste di coobbligata. Nonostante l’immediato saldo dell’importo, a distanza di tempo AER ha chiesto un nuovo pagamento.
A nulla è valso il deposito presso Equitalia, da parte della titolare della società, di un’istanza finalizzata all’annullamento dell’atto, corredata da documentazione idonea a dimostrare il versamento già avvenuto.
Ciò ha reso necessario chiamare in causa la Commissione Tributaria Provinciale, che non solo ha accolto integralmente le richieste della società, ma ha anche respinto le eccezioni presentate dall’ente.
Imposta illegittima
La burocrazia pretende dai cittadini il rispetto delle norme e la puntualità nel pagamento delle imposte, tuttavia, non sempre è in grado di assicurare efficienza e trasparenza in egual misura.
Così può capitare che il contribuente si ritrovi costretto a inoltrare istanza ufficiale per ottenere l’annullamento di un atto esattoriale.
Tale diritto, regolamentato dalla legge n.228 del 2012, comporta, da parte del concessionario, la sospensione istantanea della pretesa economica, e l’annullamento del provvedimento se questo risulta effettivamente illegittimo.
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Inoltre, laddove Agenzia delle Entrate Riscossione ritiri l’atto esattoriale solo dopo che il cittadino è ricorso alle vie legali, è tenuta a coprire le spese di giudizio e a pagare il rimborso per lite temeraria (articolo 96 c.p.c.).
Tali dettami sono stati esplicitati nelle scorse settimane dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma (sentenza n.9546/26/2017), che ha richiamato Agenzia delle Entrate Riscossione al versamento di circa 25mila euro.
All’origine della pronuncia della CTP, la vicenda che aveva visto coinvolta una società da cui l’ente aveva preteso il pagamento di più di 50mila euro a titolo di IVA in veste di coobbligata. Nonostante l’immediato saldo dell’importo, a distanza di tempo AER ha chiesto un nuovo pagamento.
A nulla è valso il deposito presso Equitalia, da parte della titolare della società, di un’istanza finalizzata all’annullamento dell’atto, corredata da documentazione idonea a dimostrare il versamento già avvenuto.
Ciò ha reso necessario chiamare in causa la Commissione Tributaria Provinciale, che non solo ha accolto integralmente le richieste della società, ma ha anche respinto le eccezioni presentate dall’ente.
La redazione
Non puoi pagare un debito? Ecco come limitare i danni
30.08.2017 11:41Non puoi Pagare un debito?
Dici Equitalia (oggi Agenzia delle Entrate – Riscossione) e dici angoscia. Comprensibilmente i contribuenti entrano nel panico se ricevono comunicazioni da quest’ultima.
Ciò che spaventa maggiormente è l’eventualità di non disporre delle risorse sufficienti a onorare il proprio debito. Che succede, ad esempio, se le proprie entrate mensili sono troppo basse, o se addirittura non si lavora? Facciamo il punto esaminando le varie casistiche.
Cosa succede se sei disoccupato?
Agenzia delle Entrate Riscossione può rivalersi su eventuali beni di proprietà, come la casa, e/o pignorare gli introiti connessi alla locazione della stessa.
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…e se lo stipendio è basso?
AER ha facoltà di intervenire aggredendo una quota predeterminata, che varia in relazione all’ammontare del totale. La parte pignorabile è di un decimo per stipendi entro i 2.500 euro, di un settimo fino a 5.000, e di un quinto sopra questa cifra.
Nel caso di accredito in banca, ci si può rivalere solo sulla parte che eccede il triplo dell’assegno sociale (1345, 56 euro).
Le soglie relative alle pensioni
L’ente può intervenire, tenendo conto delle stesse regole che valgono per gli stipendi, solo sulla quota che resta dopo aver decurtato il cosiddetto minimo vitale (l’equivalente di una volta e mezzo l’assegno sociale, ovvero 672, 10 euro).
A cosa vai incontro in caso di ipoteca?
Tanto per cominciare bisogna precisare che il provvedimento attribuisce al creditore una sorta di corsia preferenziale nell’eventualità di vendita all’asta dell’immobile.
L’ipoteca può riguardare anche beni appartenenti al fondo patrimoniale, a patto che il debito superi i 20mila euro e che un mese prima sia stato notificato il relativo preavviso. Se il contribuente decide di estinguere in tranche la propria pendenza, il provvedimento risulta congelato, qualora non sia stato già trascritto, in caso contrario, invece, non viene cancellato.
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Pignoramento
Agenzia delle Entrate Riscossione può ricorrere a questa misura solo se c’è già un’ipoteca in corso, se la pendenza supera i 120mila euro, e gli immobili di proprietà del debitore valgono più di 120mila euro.
D’altra parte, il pignoramento non è consentito se il contribuente dispone di un solo immobile, e questo costituisce luogo di residenza non accatastato A8 o A9.
Le cose da evitare
Anche laddove si sia impossibilitati a estinguere il proprio debito, è necessario astenersi da alcuni comportamenti che potrebbero peggiorare la situazione anziché alleggerirla.
In primo luogo è consigliabile non cedere a terzi la casa di proprietà, in quanto l’atto potrebbe essere revocato entro i successivi cinque anni. Inoltre, in caso di pendenze originate da IVA o IRPEF, si rischierebbe l’accusa di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Ti vengono notificate raccomandate o atti giudiziari? Meglio se li ritiri. Arriva l’ufficiale giudiziario per pignorare dei mobili? Non mettergli i bastoni tra le ruote, in quanto potresti andare incontro allo sfratto immediato.
La redazione
In quali casi puoi salvarti dal pignoramento?
29.08.2017 11:42
Pignoramento e ipoteca sono parole capaci, comprensibilmente, di scatenare il panico nella mente del debitore. Tuttavia, le due situazioni non sono sovrapponibili, e anzi vengono disciplinate diversamente dall’ordinamento giuridico. Ciò spiega perché, anche laddove il primo decada, la seconda può rimanere in piedi.
Pignoramento e ipoteca: cosa li distingue?
Il primo atto mira a instaurare un vincolo sulle proprietà del debitore, finalizzato a determinarne la vendita. La seconda, invece, conferisce al creditore il prioritario diritto a incassare l’ammontare ricavato dalla liquidazione dei beni.
Quali sono i limiti temporali di durata del pignoramento?
Detto provvedimento, come stabilisce l’articolo 53 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, decade se sono trascorsi più di 200 giorni senza che sia stato effettuato un primo tentativo di vendita. Se il pignoramento era stato annotato in un pubblico registro mobiliare o immobiliare, il concessionario (ovvero Agenzia delle Entrate – Riscossione) deve richiede entro dieci giorni al conservatore la cancellazione della trascrizione.
…e l’ipoteca?
Questa misura, regolamentata dall’articolo 77 del decreto 602 del 1973, se è stata iscritta nei registri immobiliari non perde comunque di efficacia anche se sono trascorsi più di 200 giorni senza l’attivazione della procedura di vendita all’incanto.
Che succede in caso di conto corrente cointestato?
In tal caso il creditore può rivalersi, tramite pignoramento, solo sulla quota di proprietà del debitore. Ma come si procede a suddividere in parti l’importo depositato? In assenza di prove contrarie, si presume che le stesse siano tra loro uguali.
Il creditore può quindi aggredire esclusivamente l’ammontare di proprietà del debitore, anche nel caso in cui sul conto vengano effettuati successivi accrediti. Ne consegue che gli altri cointestatari sono nel pieno diritto di effettuare prelievi di somme che rientrano nella misura delle loro quote.
Va comunque precisato che il pignoramento risulta nullo se non è notificato a tutti gli intestatari del conto. Gli stessi risultano responsabili “in solido” solo nei confronti della banca, dunque ciascuno di loro può prelevare un importo che eccede la singola quota, senza che l’istituto di credito si opponga. Ciononostante è diritto dei cointestatari chiedere e ottenere la restituzione della somma indebitamente sottratta.
Inoltre, anche se il creditore è l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, in caso di pignoramento del conto cointestato, è tenuta a “passare” attraverso il giudice che, tramite udienza, deve autorizzare il provvedimento.
Salvati dal pignoramento
Pignoramento e ipoteca sono parole capaci, comprensibilmente, di scatenare il panico nella mente del debitore.
Tuttavia, le due situazioni non sono sovrapponibili, e anzi vengono disciplinate diversamente dall’ordinamento giuridico. Ciò spiega perché, anche laddove il primo decada, la seconda può rimanere in piedi.
Pignoramento e ipoteca: cosa li distingue?
Il primo atto mira a instaurare un vincolo sulle proprietà del debitore, finalizzato a determinarne la vendita. La seconda, invece, conferisce al creditore il prioritario diritto a incassare l’ammontare ricavato dalla liquidazione dei beni.
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Quali sono i limiti temporali di durata del pignoramento?
Detto provvedimento, come stabilisce l’articolo 53 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, decade se sono trascorsi più di 200 giorni senza che sia stato effettuato un primo tentativo di vendita. Se il pignoramento era stato annotato in un pubblico registro mobiliare o immobiliare, il concessionario (ovvero Agenzia delle Entrate – Riscossione) deve richiede entro dieci giorni al conservatore la cancellazione della trascrizione.
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…e l’ipoteca?
Questa misura, regolamentata dall’articolo 77 del decreto 602 del 1973, se è stata iscritta nei registri immobiliari non perde comunque di efficacia anche se sono trascorsi più di 200 giorni senza l’attivazione della procedura di vendita all’incanto.
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Che succede in caso di conto corrente cointestato?
In tal caso il creditore può rivalersi, tramite pignoramento, solo sulla quota di proprietà del debitore. Ma come si procede a suddividere in parti l’importo depositato? In assenza di prove contrarie, si presume che le stesse siano tra loro uguali.
Il creditore può quindi aggredire esclusivamente l’ammontare di proprietà del debitore, anche nel caso in cui sul conto vengano effettuati successivi accrediti. Ne consegue che gli altri cointestatari sono nel pieno diritto di effettuare prelievi di somme che rientrano nella misura delle loro quote.
Va comunque precisato che il pignoramento risulta nullo se non è notificato a tutti gli intestatari del conto. Gli stessi risultano responsabili “in solido” solo nei confronti della banca, dunque ciascuno di loro può prelevare un importo che eccede la singola quota, senza che l’istituto di credito si opponga. Ciononostante è diritto dei cointestatari chiedere e ottenere la restituzione della somma indebitamente sottratta.
Inoltre, anche se il creditore è l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, in caso di pignoramento del conto cointestato, è tenuta a “passare” attraverso il giudice che, tramite udienza, deve autorizzare il provvedimento.
La redazione