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Un debito può togliere il sonno, questo si sa. Vedersi notificare una cartella esattoriale è l’incubo di molti contribuenti. Tuttavia, agire sulla scorta dell’ansia e dell’angoscia del momento può essere controproducente. Non sempre, quindi, rivolgersi a un Caf per avere assistenza da un commercialista e provvedere a chiudere la pendenza si rivela la soluzione migliore.
Da un’attenta analisi degli incartamenti emergono infatti sempre più spesso elementi che contribuiscono a dichiarare il debito decaduto, magari perché sono trascorsi i termini di prescrizione, o comunque a decretarne l’annullamento per vizi di notifica. In tal senso, un ruolo sempre più importante svolgono sul territorio gli avvocati dello staff di Federcontribuenti.
Agenzia di Riscossione: se il debito è in larga parte annullabile
Lo scorso aprile il Tribunale di Spoleto – Sezione Lavoro ha accolto il ricorso di un contribuente relativo a un’intimazione di pagamento emessa da Equitalia per un totale di circa 80mila euro. La quota di debito annullata ammonta a 78mila euro; la sentenza n.70 del 2017 (RG n.707/2015) ha quindi sancito che la quota restante da pagare è di 2.500 euro.
Nella causa che lo ha visto contrapposto a Equitalia, il contribuente è stato difeso dall’avvocato Fortunato Forcellino, che ha maturato una significativa esperienza nel settore. Molteplici gli elementi di criticità emersi, a seguito dell’esame delle cartelle esattoriali ricevute. In primo luogo, l’iter di notifica tramite Pec non era stato correttamente seguito, inoltre, per la maggior parte delle somme pretese risultava ampiamente trascorso il termine di prescrizione quinquennale, sforando addirittura, in alcuni casi, l’eventuale ipotetico tetto decennale. A tutto ciò si aggiunge il fatto che nessun chiarimento fosse stato fornito, nella documentazione inviata, in merito alla procedura di calcolo degli interessi di mora.
Fondo patrimoniale intaccabile solo per debiti contratti nella gestione della vita familiare
Un’altra buona notizia per i contribuenti arriva da Giulianova (Teramo), dove M.S. ha visto cancellare l’ipoteca iscritta da Equitalia sulla casa in cui vive con moglie e figli.
Tutto era cominciato anni fa, quando l’uomo, che aveva una ditta individuale, aveva “maturato” un debito di circa 130mila euro nei confronti del Fisco. Il cospicuo ammontare era integralmente collegato allo svolgimento della sua attività di procacciatore d’affari.
Archiviata la sfortunata parentesi professionale, M.S. si era sposato, e aveva costituito con la moglie un fondo patrimoniale nel quale era confluito anche l’immobile in cui i due vivevano e su cui nel 2016 Equitalia procedeva a iscrivere un’ipoteca. L’uomo aveva affidato la sua difesa all’avvocato Berardo di Fernando, che inoltrava ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale. Questa ha dapprima congelato, e quindi annullato il provvedimento.
La decisione è stata motivata dal riferimento all’orientamento assunto dalla Cassazione, secondo cui i beni appartenenti al fondo patrimoniale non possono essere sottratti dalla disponibilità al soddisfacimento dei bisogni familiari. Quindi, l’iscrizione degli stessi a ipoteca da parte di terzi è ammissibile solo nei casi di inadempimento di impegni assunti nell’interesse del nucleo. Un debito può togliere il sonno, questo si sa. Vedersi notificare una cartella esattoriale è l’incubo di molti contribuenti. Tuttavia, agire sulla scorta dell’ansia e dell’angoscia del momento può essere controproducente. Non sempre, quindi, rivolgersi a un Caf per avere assistenza da un commercialista e provvedere a chiudere la pendenza si rivela la soluzione migliore.
Emergono sempre più elementi che contribuiscono a dichiarare il debito decaduto
Un debito può togliere il sonno, questo si sa. Vedersi notificare una cartella esattoriale è l’incubo di molti contribuenti.
Tuttavia, agire sulla scorta dell’ansia e dell’angoscia del momento può essere controproducente.
Non sempre, quindi, rivolgersi a un Caf per avere assistenza da un commercialista e provvedere a chiudere la pendenza si rivela la soluzione migliore.
Da un’attenta analisi degli incartamenti emergono infatti sempre più spesso elementi che contribuiscono a dichiarare il debito decaduto, magari perché sono trascorsi i termini di prescrizione, o comunque a decretarne l’annullamento per vizi di notifica.
In tal senso, un ruolo sempre più importante svolgono sul territorio gli avvocati dello staff di Federcontribuenti.
Agenzia di Riscossione: se il debito è in larga parte annullabile
Lo scorso aprile il Tribunale di Spoleto – Sezione Lavoro ha accolto il ricorso di un contribuente relativo a un’intimazione di pagamento emessa daEquitaliaper un totale di circa 80mila euro.
La quota di debito annullata ammonta a 78mila euro; la sentenza n.70 del 2017 (RG n.707/2015) ha quindi sancito che la quota restante da pagare è di 2.500 euro.
Nella causa che lo ha visto contrapposto a Equitalia, il contribuente è stato difeso dall’avvocato Fortunato Forcellino, che ha maturato una significativa esperienza nel settore.
Molteplici gli elementi di criticità emersi, a seguito dell’esame delle cartelle esattoriali ricevute.
In primo luogo, l’iter di notifica tramitePecnon era stato correttamente seguito, inoltre, per la maggior parte delle somme pretese risultava ampiamente trascorso il termine di prescrizione quinquennale, sforando addirittura, in alcuni casi, l’eventuale ipotetico tetto decennale.
A tutto ciò si aggiunge il fatto che nessun chiarimento fosse stato fornito, nella documentazione inviata, in merito alla procedura di calcolo degli interessi di mora.
Fondo patrimoniale intaccabile solo per debiti contratti nella gestione della vita familiare
Un’altra buona notizia per i contribuenti arriva da Giulianova (Teramo), dove M.S. ha visto cancellare l’ipoteca iscritta da Equitalia sulla casa in cui vive con moglie e figli.
Tutto era cominciato anni fa, quando l’uomo, che aveva una ditta individuale, aveva “maturato” un debito di circa 130mila euro nei confronti del Fisco. Il cospicuo ammontare era integralmente collegato allo svolgimento della sua attività di procacciatore d’affari.
Archiviata la sfortunata parentesi professionale, M.S. si era sposato, e aveva costituito con la moglie un fondo patrimoniale nel quale era confluito anche l’immobile in cui i due vivevano e su cui nel 2016 Equitalia procedeva a iscrivere un’ipoteca.
L’uomo aveva affidato la sua difesa all’avvocato Berardo di Fernando, che inoltrava ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale. Questa ha dapprima congelato, e quindi annullato il provvedimento.
La decisione è stata motivata dal riferimento all’orientamento assunto dalla Cassazione, secondo cui i beni appartenenti al fondo patrimoniale non possono essere sottratti dalla disponibilità al soddisfacimento dei bisogni familiari.
Quindi, l’iscrizione degli stessi a ipoteca da parte di terzi è ammissibile solo nei casi di inadempimento di impegni assunti nell’interesse del nucleo.
Il primo luglio si candida a diventare stabilmente una data da ricordare, per il cittadino. Se infatti quest’anno corrisponde all’inizio della “pensione” di Equitalia, nel 2018 sarà il giorno a partire dal quale, per i possessori di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, certificato di proprietà e libretto diventeranno una sola cosa. Toccherà sostituirli al Documento Unico di Circolazione. Peraltro, subiranno la radiazione d’ufficio i mezzi su cui il bollo auto risulterà non pagato per almeno tre anni.
Il provvedimento è stato introdotto nei giorni scorsi da uno dei tre decreti approvati dal Governo in attuazione della Legge di Riforma della Pubblica Amministrazione (n.124 del 7 agosto 2015) e su proposta del Ministro per la Semplificazione Maria Anna Madia.
Il Documento Unico di Circolazione prenderà quindi il posto dei documenti attualmente rilasciati da ACI (certificato di proprietà) e Motorizzazione Civile (libretto di circolazione), così da uniformare l’Italia alla disciplina degli altri Paesi europei. Manterranno comunque la loro validità le carte di circolazione emesse prima dell’entrata in vigore del decreto, come pure quelle prodotte in seguito, e comunque entro il 1° luglio 2018.
La radiazione d’ufficio dei veicoli per cui il bollo non sarà stato pagato da almeno tre anni sarebbe la conseguenza della sottrazione all’ACI della facoltà di procedere in conformità al provvedimento ex articolo 96 del Codice della Strada.
Perché il provvedimento suscita perplessità?
Esemplificazione e risparmio, di tempo e risorse, parrebbero tuttavia essere, a oggi, propositi teorici, dichiarazioni d’intenti messe su carta ma lontane dalla concretizzazione. Cerchiamo di capire perché.
Motorizzazione Civile e PRA resteranno due entità distinte, e al momento è stata rimandata anche l’eventualità di costituire un registro unico dei veicoli.
Inoltre, sebbene il provvedimento approvato dal Governo nei giorni scorsi preveda l’unificazione dei compensi percepiti da Motorizzazione e Pubblico Registro Automobilistico, in una prima fase si procederà semplicemente alla somma dei due, a oggi sdoppiati. La “fusione” vera e propria è stata delegata a misure di legge future. Dunque la costituzione del Documento Unico di Circolazione, per il momento, non implica alcuna convenienza per l’utenza.
Chi incasserà l’importo unico, in futuro?
È l’aspetto più delicato della questione. L’adeguamento tariffario sarà affidato al Ministero dell’Economia, che incamererà le somme pagate dai cittadini.
Si renderà quindi necessaria l’emanazione di decreti ad hoc atti a sancire in che modo il totale verrà suddiviso tra Motorizzazione e PRA, andando a incidere direttamente sullo “stato di salute” dell’ACI. Quest’ultima, infatti, finora, si è sostenuta proprio attraverso gli introiti connessi al suddetto registro che, prossimamente, potrebbero prendere la via del dicastero economico.
La redazione Il primo luglio si candida a diventare stabilmente una data da ricordare, per il cittadino. Se infatti quest’anno corrisponde all’inizio della “pensione” di Equitalia, nel 2018 sarà il giorno a partire dal quale, per i possessori di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, certificato di proprietà e libretto diventeranno una sola cosa. Toccherà sostituirli al Documento Unico di Circolazione. Peraltro, subiranno la radiazione d’ufficio i mezzi su cui il bollo auto risulterà non pagato per almeno tre anni.
Documento Unico di Circolazione
Il primo luglio si candida a diventare stabilmente una data da ricordare, per il cittadino.
Se infatti quest’anno corrisponde all’inizio della “pensione” di Equitalia, nel 2018 sarà il giorno a partire dal quale, per i possessori di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, certificato di proprietà e libretto diventeranno una sola cosa.
Toccherà sostituirli al Documento Unico di Circolazione. Peraltro, subiranno la radiazione d’ufficioi mezzi su cui il bollo auto risulterà non pagato per almeno tre anni.
Il provvedimento è stato introdotto nei giorni scorsi da uno dei tre decreti approvati dal Governo in attuazione della Legge di Riforma della Pubblica Amministrazione (n.124 del 7 agosto 2015) e su proposta del Ministro per la Semplificazione Maria Anna Madia.
Il Documento Unico di Circolazione prenderà quindi il posto dei documenti attualmente rilasciati da ACI (certificato di proprietà) e Motorizzazione Civile (libretto di circolazione), così da uniformare l’Italia alla disciplina degli altri Paesi europei.
Manterranno comunque la loro validità le carte di circolazione emesse prima dell’entrata in vigore del decreto, come pure quelle prodotte in seguito, e comunque entro il 1° luglio 2018.
La radiazione d’ufficio dei veicoli per cui il bollo non sarà stato pagato da almeno tre anni sarebbe la conseguenza della sottrazione all’ACI della facoltà di procedere in conformità al provvedimento ex articolo 96 del Codice della Strada.
Esemplificazione e risparmio, di tempo e risorse, parrebbero tuttavia essere, a oggi, propositi teorici, dichiarazioni d’intenti messe su carta ma lontane dalla concretizzazione. Cerchiamo di capire perché.
Motorizzazione Civile e PRA resteranno due entità distinte, e al momento è stata rimandata anche l’eventualità di costituire un registro unico dei veicoli.
Inoltre, sebbene il provvedimento approvato dal Governo nei giorni scorsi preveda l’unificazione dei compensi percepiti da Motorizzazione e Pubblico Registro Automobilistico, in una prima fase si procederà semplicemente alla somma dei due, a oggi sdoppiati.
La “fusione” vera e propria è stata delegata a misure di legge future. Dunque la costituzione del Documento Unico di Circolazione, per il momento, non implica alcuna convenienza per l’utenza.
Chi incasserà l’importo unico, in futuro?
È l’aspetto più delicato della questione. L’adeguamento tariffario sarà affidato al Ministero dell’Economia, che incamererà le somme pagate dai cittadini.
Si renderà quindi necessaria l’emanazione di decreti ad hoc atti a sancire in che modo il totale verrà suddiviso tra Motorizzazione e PRA, andando a incidere direttamente sullo “stato di salute” dell’ACI.
Quest’ultima, infatti, finora, si è sostenuta proprio attraverso gli introiti connessi al suddetto registro che, prossimamente, potrebbero prendere la via del dicastero economico.
Ricevi una cartella da Equitalia? Prima di versare quanto ti viene chiesto è sempre consigliabile effettuare una verifica, in quanto almeno una quota dell’importo complessivo potrebbe risultare illegittima. Così il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci, in un commento a margine della guida per imprese e privati cittadini diffusa nei giorni scorsi tramite il sito Internet ufficiale.
L’associazione di categoria ha fatto il punto sulle cause di nullità anche parziale dei debiti verso l’Agenzia di Riscossione, evidenziando, tra le principali, il computo errato degli interessi e la capitalizzazione applicata su aggio e rate.
La somma da pagare indicata nella cartella esattoriale è, solitamente, frutto di una maggiorazione dovuta all’applicazione di interessi e sanzioni determinate dal momento in cui avviene il saldo, e dal tipo di rateizzazione richiesta. I problemi sorgono, ad esempio, nel caso in cui si incorre nella mora, perché non vengono esplicitati i relativi criteri di calcolo, così l’utente si trova a fare i conti – letteralmente – solo con l’importo finale totale richiesto.
La Corte di Cassazione Civile si è pronunciata in merito nel 2012, attraverso la sentenza 4516, in cui si chiarisce che non è obbligo del contribuente risalire ai calcoli effettuati da Equitalia. Piuttosto, l’onere di chiarezza è proprio in capo a quest’ultima; dunque, gli avvisi di pagamento che non riportano indicazioni in merito alle aliquote di mora utilizzate sono da considerarsi nulle.
Un altro aspetto spinoso è quello legato all’anatocismo; l’applicazione degli interessi sugli interessi è disciplinata dall’articolo 1283 del Codice Civile. Detta pratica, di fatto vietata, viene invece spesso utilizzata in riferimento a mora, aggio e rateizzazione. Ciò comporta il calcolo di interessi su somme che già li comprendono. Insomma, dopo i 60 giorni tutte le cartelle esattoriali sono, di fatto, anatocistiche; dunque, per ottenere il rimborso delle somme indebitamente versate, è necessario effettuare un nuovo computo prendendo come base esclusivamente il tributo.
Aggio: inammissibile la questione di legittimità
A porla erano state le Commissioni Tributarie Provinciali di Cagliari, Milano e Roma; a pronunciarsi in merito è stata la Corte Costituzionale con l’ordinanza n.129 del 2017.
La disciplina dell’aggio, che costituisce la remunerazione dei concessionari della riscossione, è stata salvaguardata unicamente perché le argomentazioni fornite circa la sua censurabilità sono state definite insufficienti.
Dapprima determinato su base territoriale e successivamente unificato a livello nazionale, ha visto variare il suo ammontare nel corso degli anni, passando dal 9 all’8, e quindi al 6%. Dunque risulta difficile, di volta in volta, capire se l’aggio da applicare sia quello dell’anno di iscrizione a ruolo, o quello risalente al momento dell’emissione della cartella esattoriale.
A essere messa particolarmente in rilievo, da parte delle suddette Commissioni Tributarie Provinciali, era stata la questione della remunerazione eccessiva delle attività svolte da Equitalia, senza peraltro questa abbia individuato un tetto massimo.
Intanto, l’8 giugno la Consulta dovrà discutere un’ulteriore ordinanza in materia, redatta dalla Commissione Tributaria Regionale di Milano e inerente la presunta illegittimità della richiesta di un aggio da circa 500mila euro. Trattandosi, stavolta, di un documento puntuale e circostanziato, qualora le sue istanze vengano accolte, l’Agenzia di Riscossione dovrebbe fare i conti con un impatto finanziario di circa 3 miliardi e mezzo di euro. Una cifra non indifferente, soprattutto nel delicato momento di passaggio di consegne. Ricevi una cartella da Equitalia? Prima di versare quanto ti viene chiesto è sempre consigliabile effettuare una verifica, in quanto almeno una quota dell’importo complessivo potrebbe risultare illegittima. Così il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci, in un commento a margine della guida per imprese e privati cittadini diffusa nei giorni scorsi tramite il sito Internet ufficiale.
Prima di versare quanto ti viene chiesto è sempre consigliabile effettuare una verifica, in quanto almeno una quota dell’importo complessivo potrebbe risultare illegittima. Così il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci, in un commento a margine della guida per imprese e privati cittadini diffusa nei giorni scorsi tramite il sito Internet ufficiale.
L’associazione di categoria ha fatto il punto sulle cause di nullità anche parziale dei debiti verso l’Agenzia di Riscossione, evidenziando, tra le principali, il computo errato degli interessi e la capitalizzazione applicata su aggio e rate.
La somma da pagare indicata nella cartella esattoriale è, solitamente, frutto di una maggiorazione dovuta all’applicazione di interessi e sanzioni determinate dal momento in cui avviene il saldo, e dal tipo di rateizzazione richiesta. I problemi sorgono, ad esempio, nel caso in cui si incorre nella mora, perché non vengono esplicitati i relativi criteri di calcolo, così l’utente si trova a fare i conti – letteralmente – solo con l’importo finale totale richiesto.
La Corte di Cassazione Civile si è pronunciata in merito nel 2012, attraverso la sentenza 4516, in cui si chiarisce che non è obbligo del contribuente risalire ai calcoli effettuati da Equitalia. Piuttosto, l’onere di chiarezza è proprio in capo a quest’ultima; dunque,gli avvisi di pagamento che non riportano indicazioni in merito alle aliquote di mora utilizzate sono da considerarsi nulle. Così Unimpresa.
Un altro aspetto spinoso è quello legato all’anatocismo
l’applicazione degli interessi sugli interessi è disciplinata dall’articolo 1283 del Codice Civile. Detta pratica, di fatto vietata, viene invece spesso utilizzata in riferimento a mora, aggio e rateizzazione.
Ciò comporta il calcolo di interessi su somme che già li comprendono. Insomma, dopo i 60 giorni tutte le cartelle esattoriali sono, di fatto, anatocistiche; dunque, per ottenere il rimborso delle somme indebitamente versate, è necessario effettuare un nuovo computo prendendo come base esclusivamente il tributo.
A porla erano state le Commissioni Tributarie Provinciali di Cagliari, Milano e Roma; a pronunciarsi in merito è stata la Corte Costituzionale con l’ordinanza n.129 del 2017.
La disciplina dell’aggio, che costituisce la remunerazione dei concessionari della riscossione, è stata salvaguardata unicamente perché le argomentazioni fornite circa la sua censurabilità sono state definite insufficienti.
Dapprima determinato su base territoriale e successivamente unificato a livello nazionale, ha visto variare il suo ammontare nel corso degli anni, passando dal 9 all’8, e quindi al 6%. Dunque risulta difficile, di volta in volta, capire se l’aggio da applicare sia quello dell’anno di iscrizione a ruolo, o quello risalente al momento dell’emissione della cartella esattoriale.
A essere messa particolarmente in rilievo, da parte delle suddette Commissioni Tributarie Provinciali, era stata la questione della remunerazione eccessiva delle attività svolte da Equitalia, senza peraltro questa abbia individuato un tetto massimo.
Intanto, l’8 giugno la Consulta dovrà discutere un’ulteriore ordinanza in materia, redatta dalla Commissione Tributaria Regionale di Milano e inerente la presunta illegittimità della richiesta di un aggio da circa 500mila euro. Trattandosi, stavolta, di un documento puntuale e circostanziato, qualora le sue istanze vengano accolte, l’Agenzia di Riscossione dovrebbe fare i conti con un impatto finanziario di circa 3 miliardi e mezzo di euro. Una cifra non indifferente, soprattutto nel delicato momento di passaggio di consegne.