Quando è illegittima la cartella esattoriale
Si avvicina la data prevista per la chiusura di Equitalia, ma ancora molti aspetti legati alla procedura di recapito delle famigerate cartelle esattoriali suscitano perplessità da parte dei contribuenti, e necessitano di chiarimenti tramite apposite pronunce.
Ad esempio, che succede in caso di comunicazione recapitata da corriere postale privato? A intervenire per disciplinare questo punto è stata la sentenza n.7156 del 12 aprile 2016 emessa dalla Corte di Cassazione.
È stato quindi precisato che la notifica è regolare solo se nel plico è presente la cartella esattoriale inoltrata tramite Poste Italiane. A fare fede sono i documenti comprovanti la modalità di spedizione. D’altra parte, se la notifica è stata gestita interamente da operatore postale privato, l’opposizione va esercitata nei confronti dell’atto successivo, in quanto altrimenti, per mezzo dell’impugnazione, si riterrebbe sanato il vizio, tramite il perfezionamento della procedura di ricezione.
Nel frattempo, da Savona arrivano due sentenze (n. 100/2017 e 101/2017, entrambe emesse dalla Commissione Tributaria Provinciale) che sanciscono la nullità delle cartelle esattoriali inviate tramite PEC e sprovviste di firma digitale. All’origine di tutto, il caso di una società che si è vista recapitare via email due notifiche di pagamento; queste erano state semplicemente scannerizzate e trasformate in un file pdf. Niente di più e niente di meno di una qualunque fotocopia che, va ricordato, nel processo italiano non è ritenuta prova documentale.
Come viene disciplinata la PEC?
La legge contempla la notifica tramite Posta Elettronica Certificata, ma senza entrare nel dettaglio della compilazione del relativo messaggio. D’altra parte, un documento informatico, per essere definito tale, deve essere provvisto di firma digitale: solo questa, infatti, gli conferisce i caratteri di “qualità”, “sicurezza”, “integrità” e “immodificabilità”.
A seguito della perizia del consulente tecnico d’ufficio (Ctu) è emerso che la documentazione allegata alla email era “totalmente carente degli elementi idonei a garantirne la paternità. Tra questi, la firma digitale. Insomma, l’atto non garantisce né i principi di certezza e corrispondenza né l’attestazione di conformità”. Da qui la decisione della Ctp di Savona.
La redazione