Il problema degli illeciti bancari negli ultimi anni è ormai emerso in tutta la sua drammaticità ed estensione, così le associazioni di tutela dei cittadini si sono viste riconoscere l’opportunità di incontrare periodicamente la Banca d’Italia. Nell’ambito di questo tavolo di confronto, a fine febbraio scorso il Movimento dei Consumatori ha portato all’attenzione pubblica la contabilizzazione degli interessi anatocistici effettuata nel 2014, 2015 e 2016, anno in cui è stata bandita la pratica della capitalizzazione.
Due anni fa MC inoltrò a Banca d’Italia un esposto finalizzato a far aprire un’indagine su 30 banche accusate di aver trasgredito le norme in materia. L’auspicio era ottenere la restituzione degli interessi anatocistici pagati dai cittadini a partire dal 1 gennaio 2014. Secondo l’organizzazione di tutela dei consumatori l’importo sarebbe stato di circa 2 miliardi di euro l’anno, per un totale, nel periodo in questione, di sei.
Dal canto suo Banca d’Italia non sembra interessata a un concreto intervento: basti pensare che queste problematiche, legittimamente evidenziate da MC, non hanno trovato risposta neanche nell’incontro di fine febbraio.
“Tribunali quali quello di Milano, Roma e Cuneo hanno recepito le nostre istanze inibitorie, verificando che fino al 1 gennaio scorso gli istituti di credito non potevano applicare la capitalizzazione degli interessi”. Così Paolo Fiorio (MC).
“Con apposita delibera, peraltro, Banca d’Italia aveva fatto proprio questo approccio. La riforma del 2016 non era retroattiva, né consentiva il ricorso alla capitalizzazione trimestrale Quella su base annuale, invece, è stata svincolata solo a partire a quest’anno. Se le nostre richieste continueranno a restare inascoltate, saremo costretti a interpellare le competenti procure della Repubblica, che dovranno valutare l’eventuale rilevanza penale dei comportamenti segnalati”.
Usura bancaria: giudice di Lecce richiede accertamenti
Settembre 2006, un 40enne di Trepuzzi si vedeva erogare un mutuo di circa 100mila euro a fronte di un contratto a rogito con tasso al 5,8%. Il contratto, di durata ventennale, prevedeva rate mensili che, progressivamente, sarebbero lievitate a causa di voci di spesa ulteriori quali il 3% di mora. Si sarebbe così arrivati a interessi dell’8,8%, a fronte del tasso soglia del 7,9% previsto per quel trimestre.
L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Roberta Licci, è stata avviata a seguito della denuncia del 40enne, accortosi delle anomalie del contratto di mutuo. I tassi d’interesse “gonfiati” sarebbero stati rilevati da una consulenza richiesta dalla magistratura ma sulla quale la difesa della banca ha espresso forti perplessità. Così, il giudice ha disposto ulteriori verifiche, chiedendo l’individuazione di un commercialista per il 7 aprile prossimo. A finire al centro dell’inchiesta potrebbe essere il direttore generale dell’istituto di credito, due responsabili e un vice addetto ai fidi.