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Notizie

…E se rifiuti la macchina ricevuta in eredità?

La morte è un momento delicato, soprattutto per chi resta. 

Rifiuto eredità veicolo

Infatti, in termini burocratici, la successione si rivela un passaggio complesso da compiere. Che succede, ad esempio, se tra i beni lasciati in eredità c’è anche una macchina? Come comportarsi se si vuole procedere alla rinuncia? Proviamo a vederlo insieme.

Quando si apre la successione?

La pratica parte subito, in quanto i beni mobili non vanno ricompresi nella Dichiarazione di Successione. Chiaramente bisogna comunque produrre apposita documentazione nel caso di accettazione dell’eredità. In tal caso è necessario firmare e presentare idonea certificazione al Comune, notaio, PRA o agenzia di settore.

I potenziali eredi hanno un anno di tempo per accettare la successione. Trascorso questo arco di tempo senza una risoluzione, possono cambiare idea entro 10 anni dall’avvenuta morte, ma ciò comporterà l’irrogazione di sanzioni.

L’intestazione temporanea del veicolo

Prima che gli eredi abbiano deciso se accettare o meno i beni lasciati loro, eventuali terzi soggetti possono adoperare la macchina del defunto per un periodo di un mese, eventualmente prorogabile. Ciò è possibile attraverso un’intestazione temporanea da effettuare presso la Motorizzazione.

Che succede in caso di rifiuto degli eredi?

In primo luogo è necessario accertarsi dell’eventuale esistenza di altri successibili, cioè parenti fino al sesto grado, tra cui risultano compresi anche i figli di eventuali cugini. Qualora questi ci siano, l’autorità giudiziaria potrebbe indicare/fissare un termine entro il quale debbano esprimersi circa l’eventuale accettazione dell’eredità, infatti, evidentemente, attendere che trascorrano i 10 anni previsti comporterebbe notevoli difficoltà e problemi.

Se il successibile decide di accogliere l’eredità, può richiedere la consegna del veicolo, che deve chiaramente amministrare sotto tutti i punti di vista. Se, invece, una volta contattato questo rifiuti, o addirittura si accerti che non esiste, l’eredità passa allo Stato, e il tribunale della zona in cui si è aperta la successione può essere chiamato a indicare un curatore che la gestisca.

Se i beni passano allo Stato, bisogna inoltrare relativa comunicazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze e all’Agenzia del Demanio.

 


 


 




 

Fisco: in futuro possibile rottamazione anche per i ricorsi?

Pile di scartoffie, incartamenti che spesso si perdono in intricati e caotici corridoi … e cause che durano anni

All'orizzonte una possibile rottamazione dei ricorsi in materia fiscale?È questo lo scenario con cui deve confrontarsi il contribuente italiano alle prese con la giustizia. Ecco perché sta facendo parlare la proposta avanzata da Luigi Casero, viceministro dell’Economia, in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario Tributario. L’idea allo studio sarebbe quella di estendere la rottamazione delle cartelle esattoriali alle liti in materia fiscale pendenti in tutti i gradi di giudizio, non solo in Cassazione. L’intento sarebbe quello di esemplificare il lavoro degli uffici smaltendo l’arretrato esistente.

Quale principio verrebbe applicato?

Attraverso il pagamento di una percentuale ridotta dell’importo originariamente dovuto, potrebbero essere azzerati una quantità di ricorsi notevole, per un ammontare complessivo di circa 30 miliardi di euro. Tuttavia, come spiega Luigi Casero, al momento si tratta di una proposta priva di precisi riferimenti temporali. Poco probabile, quindi, che trovi concretizzazione in tempi rapidi, più verosimile che venga inserita in un ampio progetto di riforma che interessi le Commissioni tributarie, e che preveda l’istituzione di organismi ad hoc nell’ambito della Cassazione,  e lo sviluppo ulteriore del processo di mediazione. Quest’ultimo a oggi è già attivo, e viene utilizzato per i ricorsi entro i 20mila euro, che costituiscono il 75% del totale; nell’ultimo anno, grazie a esso, le cause esistenti sono state ridotte di un quinto. L’ipotesi sarebbe di estenderne l’applicazione fino alla soglia dei 50mila euro.

I precedenti

L’ultima volta che è stata applicata la rottamazione ai ricorsi correva l’anno 2012. L’importo massimo delle liti fiscali era di 20mila euro. Così, fino a 2 mila euro era necessario pagarne 150; l’aliquota applicata era del 10% se in primo grado erano state riconosciute le ragioni del cittadino, quella del 30% qualora la causa fosse ancora in fase preliminare, e il 50% se il Fisco in prima battuta aveva avuto la meglio.

La reazione dell’Agenzia delle Entrate, attraverso il suo direttore Rossella Orlandi, è stata piuttosto fredda, e probabilmente in tal senso ha inciso il fatto che il Fisco esce vittorioso da circa il 75% dei ricorsi approdati in Cassazione.

Dal canto suo il Presidente Giovanni Canzio, in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario Tributario, ha voluto porre l’accento sull’enorme quantità di cause tributarie in merito alle quali l’organo supremo è chiamato a pronunciarsi: si arriva a 50mila. Talvolta, ha spiegato, il valore dei contenziosi è bassissimo. Secondo una proiezione, fra tre anni i ricorsi fiscali toccheranno il 56% e fra otto anni raggiungeranno il 65% circa del totale. Uno scenario a dir poco inquietante, che rischia di vedere seriamente compromessa la funzione della Cassazione di nume tutelare dei diritti fondamentali dei cittadini. 

 


 


 




 

Cassazione: necessaria intimazione di pagamento anche per pignoramento e fermo auto

I debiti non sono diversi da cibi e bevande. 

Intimazione_pagamento_fermo_amministrativo

Come questi, infatti, hanno una data di scadenza, ovvero, un termine entro il quale il creditore deve intervenire, tramite sollecito di pagamento o pignoramento, per incassare i soldi che gli spettano. 

Detto “confine temporale” è costituito dalla prescrizione, e varia a seconda della tipologia di pendenza coinvolta.

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Contestualmente bisogna tener conto anche di un altro elemento, ovvero la validità delle cartelle esattoriali, che è di un anno, concluso il quale, il creditore, per procedere, deve inoltrare un’intimazione di pagamento

Questo atto costituisce una sorta di sollecito finalizzato a ricordare al cittadino che esiste un debito e che, per evitare problemi con il Fisco, deve saldarlo volontariamente.

Tuttavia, se in passato una consolidata giurisprudenza hacircoscrittola validità di questa specie di sollecito ai cosiddetti atti di esecuzione forzata (come il pignoramento), la sentenza emessa dalla Corte di Cassazione il 22 febbraio scorso (n. 4587) sancisce un punto di svolta fondamentale

Detta pronuncia, infatti, estende l’obbligo a emettere un preavviso (o l’intimazione di pagamento) anche 30 giorni prima di misure cautelari come il fermo amministrativo dell’auto e l’ipoteca

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La redazione 

 


 
 
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